mercoledì 5 luglio 2017

RECENSIONE | La vita sessuale dei nostri antenati; Bianca Pitzorno

Dopo anni e anni, ecco che mi ritrovo di nuovo tra le mani un romanzo di Bianca Pitzorno. Un ritorno pieno di gioia e nostalgia.

Personalmente, con le storie della Pitzorno ci sono cresciuta: ne andavo matta, erano la lettura perfetta per scappare dalla noia quotidiana di una ragazzina (all'epoca) figlia unica che non amava particolarmente socializzare molto. Per anni sono stati un'evasione amatissima.

Ritrovarmi, ora, adulta e molto più (ahimè) critica e disincantata anche nei confronti dei libri, a leggere un romanzo che, con lo stile e le tematiche, si fa vicinissimo a quelli che ho tanto amato nella mia infanzia, è stata un'emozione unica e fortissima.

Ambientato a metà degli anni Settanta, La vita sessuale dei nostri antenati racconta le vicende della famiglia Bertrand-Ferrel - o meglio, racconta le vicende di Ada Bertrand, docente universitaria di greco antico, e il suo rapporto con la famiglia, in particolare con il passato della famiglia.

«Cara Lauretta, cara cugina come me orfana e come me allevata dalla inflessibile nonna nel culto della nostra nobilissima stirpe, perdonerai mai all'autrice di avere scritto questo libro sui nostri antenati? Di averne rivelato i segreti e i peccati più insospettabili a partire dal lontano Cinquecento, quando una firma del Vicerè su una pergamena rese blu il nostro sangue che prima era rosso come quello di tutti gli altri abitanti di Ordalè e di Donora? Adesso che abbiamo quasi quarant'anni, che abbiamo vissuto la liberazione sessuale e le sfrenatezze del Sessantotto, che abbiamo messo la testa a partito, non ci dovrebbe risultare così difficile accettare che anche i nostri antenati, e specie le antenate, abbiano avuto le loro storie di letto, e non sempre esemplari. Lo so che per chiunque è difficile pensare che i propri genitori hanno avuto una vita sessuale, e che se così non fosse noi non saremmo qui...E i nostri nonni, come immaginarli a rotolarsi peccaminosamente tra le lenzuola? Ma con i bisnonni non dovrebbe essere così impossibile, specie se sappiamo che hanno messo al mondo quindici figli. Per non parlare dei trisnonni e dei quadrisnonni. Senza l'attività sessuale dei nostri antenati il genere umano si sarebbe estinto. Eppure tu, Lauretta, quando accenno a questo argomento ti turi le orecchie e strilli: "Bisogna essere proprio dei maniaci sessuali per pensare a certe cose". Lauretta, Lauretta, ti piace tanto sapere chi erano e cosa facevano i nostri antenati, che rapporti c'erano tra zio Tan e Armellina, chi era il pittore che ritrasse Garcia e Jimena nella Cattedrale di Ordalè... Conservi con cura l'abito di broccato che la nonna, donna Ada Ferrell, indossò nel giorno delle nozze. Le nozze, appunto, il letto comune! Cosa avveniva in quel letto una notte dopo l'altra? E negli anni a seguire i sette figli. Li aveva mandati lo Spirito Santo in forma di colomba? Lauretta, bisogna proprio che ti spieghi come sono andate le cose?
Ora, passata anche quest'ultima tempesta, ascoltami: ti racconterò molti segreti che neppure immagini.
Tua Adita»

Trovo che questo romanzo, principalmente, ruoti attorno a due cardini: la femminilità e il passato.

Oltre ad Ada, è popolato di donne eccezionali, spumeggianti, tutte diverse ma tutte accomunate da una forza e da un tocco che sono squisitamente femminili. Vengono chiamate in causa le concezioni archetipiche e simboliche della femminilità, e in questo senso ci si collega spessissimo alla cultura classica, moderna e anche contemporanea (Euridice, Persefone, Caenis e molte altre donne della cultura e del mito greci; ma anche Clorinda dalla Gerusalemme Liberata, le donne pittrici del Rinascimento; ma anche le pubblicazioni  dei collettivi femministi e i romanzi di Erica Jong).

Ada, come protagonista, è a dir poco magnetica. All'apertura del romanzo, la troviamo spavalda, sicura, fiera della sua razionalità (che ostenta senza mezzi termini ogni tre righe), autarchica. Nel corso del romanzo, il percorso che affronta è particolarmente intimo: mentre sembra spesso che ciò che succede - i misteri, gli scandali, i segreti, gli intrighi, le ipocrisie che serpeggiano ovunque nella sua famiglia - non la tocchi davvero nel profondo, tuttavia i rivolgimenti interiori ed i cambiamenti a cui va incontro si dispiegano di pari passo con gli eventi esterni, con un'andamento fluido e naturale. Senza grandi epifanie e drammatiche rivelazioni, che d'altra parte raramente si presentano anche nella vita reale. Neanche a dirlo, il modo in cui l'autrice descrive e ci rende partecipi dell'interiorità di Ada è estremamente delicato, elegante, rispettoso ma sempre forte, profondo; ci sono pagine di grande bellezza e trasporto emotivo che lasciano un solco profondo. Impossibile non lasciarsi trascinare e vivere insieme con Ada ogni sfumatura ed ogni sensazione che lei attraversa.

Quanto al passato, esso è protagonista vivo del romanzo, ed interagisce senza sosta con i personaggi che popolano il presente.
La riscoperta del passato e dei segreti che ancora cela detta il ritmo anche al susseguirsi degli eventi che plasmano e insieme turbano il presente.
Ogni cosa, allora, diventa un passaggio, una possibilità in più per riaprire quel dialogo con il passato che non si è mai interrotto, che al massimo giunge talvolta solo affievolito fino alle nostre orecchie, ma che non svanisce mai del tutto.

Per essere una donna razionale, come le piace definirsi, ad Ada Bertrand di certo capitano molte cose che di razionale non hanno nulla. L'incontro con Estella, misteriosa fanciulla che appare come fuori dallo spazio e dal tempo (a cui Ada infatti pensa come a un quadro preraffaellita); il ritrovamento di oggetti e testimonianze da un passato più o meno remoto ma sempre nascosto, che sembrano piovere tra le mani di Ada senza che lei li cerchi, come di loro spontanea volontà; il sogno inviatole da Asclepio, il sogno che la curerà dal suo male interiore... La razionalità di Ada non è altro che un vestito di cui si ammanta per sentirsi meno nuda di fronte all'inevitabilità del tempo, del Fato o della Necessità che dir si voglia - ἀνάγκη, come volevano gli antichi Greci.

Una saga familiare, ma anche un romanzo di formazione - un'opera complessa, ambiziosa, vasta, che sa conservare comunque una leggerezza squisita, propria della scrittura della Pitzorno e che ancora ci riporta agli archetipi della femminilità.

Trovo illuminante e originale che la narrazione della storia di questa famiglia complessa e sfaccettata ruoti attorno ai rapporti amorosi e sessuali che hanno toccato le vite dei Bertrand-Ferrel.
Il sesso, un atto così umano, così profondo, che potenzialmente sa essere così fondamentale nella nostra vita. Un atto naturale e spontaneo, che conserva nelle sue ancestrali memorie una sacralità ed una capacità poetica uniche. Il sesso come affermazione estetica.
Ma anche, purtroppo, il sesso usato come strumento di prevaricazione, perché nella storia umana c'è anche questo. Il sesso che diventa un mezzo abietto, piegato e snaturato, senza rispetto e senza considerazione.
Sono sempre felice di trovare romanzi in cui si parli e si racconti di sesso così apertamente, schiettamente, senza ipocrisia e senza taboo.

Personalmente, ho adorato questo romanzo. Mi ha lasciato tante emozioni e tanti spunti di riflessione.
Ho notato, leggendo qua e là, che per molti lettori il finale è stato una nota molto dolente.
Su questo, vorrei fare una riflessione articolata a parte, arriverà sicuramente a breve in un altro post.

Per ora, lancio solo una piccola provocazione: se i libri che leggiamo ci lasciassero sempre e solo con solide certezze esplicitamente esposte nero su bianco, avrebbero ancora il potere di segnare la nostra vita? E non ci stuferemmo presto di storie che non lasciano mai a noi lettori lo spazio per pensare, ipotizzare, riflettere, immaginare?

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